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Con il termine Zen si indica una scuola buddhista il cui nome deriva
dalla forma giapponese della parola Ch'an (dal sanscrito dhyana, che vuol dire
meditazione) di origine cinese.
Lo Zen si diffuse in Giappone a partire dal 1215, grazie all'opera di un monaco
chiamato Eisai, che si era votato alla pratica del Ch'an dopo aver frequentato
la scuola Lin Chi, chiamata Rinzai presso i Giapponesi. Le origini del Ch'an,
sono comunque molto più antiche rispetto a quelle dello Zen, infatti,
esso era praticato presso i Cinesi già nel VII secolo, grazie all'opera
di diffusione portata avanti dal patriarca Hui Neng.
Oltre a quella di Eisai, in Giappone venne fondata un'altra scuola Zen (1227),
grazie all'iniziativa di Dogen, un altro monaco buddhista che aveva studiato
in Cina presso la scuola T'sao T'ung che i Giapponesi avrebbero chiamato Soto.
Sia l'opera di Eisai che quella di Dogen prendevano spunto da un Buddhismo
di scuola Mahayana, "la scuola del Grande Veicolo" (vedi Buddha
e il Buddhismo). Lo Zen, però, proponeva numerosi elementi di novità.
Con esso non veniva predicata alcuna dottrina metafisica, l'"illuminazione"
Zen (Satori) era (ed è) il prodotto di una ferrea condotta etica sommata
alla pratica di una contemplazione "priva di oggetto".
Il fine di
questa dottrina non era la perfetta conoscenza di se stessi, nè era
la conquista di un definitivo isolamento dalle corruzioni e dai condizionamenti
della reltà circostante, bensì era la perfetta compenetrazione
dell'individuo nell'esistente, nel tutto in cui ogni elemento, ogni vita ed
ogni cosa di qualsiasi dimensiano esse siano e qualunque visibilità esse abbiano, svolgono un ruolo fondamentale.
La scuola fondata da Dogen, è ancora oggi molto nota anche nel Mondo
Occidentale. Essa raccomanda di utilizzare un metodo di meditazione, chiamato ZaZen, che deve essere praticato stando seduti nella posizione Yoga
del loto (con le gambe incrociate). Lo ZaZen è indispensabile
perchè le persone, seguendo il ritmo del proprio respiro, possano creare
dentro di sè un "vuoto" , o per meglio dire uno "spazio"
al di là dei pensieri, all'interno del quale accogliere il Satori che
si presenterà come una forma superiore di coscienza e di conoscenza
della realtà.
La scuola di Eisai, la Rinzai, è invece meno nota in Occidente rispetto
alla Soto, ma altrettanto affascinante. Per la Rinzai, è molto importante
il metodo basato sul Koan, un enigma privo di soluzione o un paradosso, che
i maestri sottopongono agli allievi in modo che essi scoprano quanto spesso
la razionalità sia uno strumento limitato per comprendere appieno il
significato della realtà in cui viviamo. Il Koan assolve così due funzioni: in primo luogo tiene occupata la mente dell'allievo fino al
momento in cui egli accetta l'assenza di una soluzione; in secondo luogo libera
la mente da ogni altro pensiero fino al momento in cui essa si apre al Satori.
Curiosamente lo Zen, ha compenetrato pienamente l'ideologia dei Samurai,
nonostante il suo carattere prevalentemente pacifico e la sua tendenza ad
allontanare i praticanti dalle distrazioni mondane. Dall'altra parte, la forte
concentrazione che lo Zen sa regalare ai suoi praticanti, rendeva i Samurai più determinati nella lotta e meno preoccupati di fronte alla possibilità di morire in battaglia.
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